Vestita di verde. Il colore della speranza. Rosanna Natoli affronta – forte accento catanese – l’udienza più difficile della sua breve vita di consigliera del Csm. Meno di venti mesi. Ben 240mila euro all’anno più 50mila di rimborsi spesi. Aggressiva fino all’ultimo. Minacciosa. “Il mio sarebbe un rischioso precedente” scrive in una mini memoria di cinque pagine che poi recita in plenum. Ma la scure della sospensione la colpisce lo stesso. E adesso che succede? Perché, politicamente, la partita comincia proprio qui.
Lei era una dei quattro consiglieri pretesi da Giorgia Meloni sui dieci laici del Csm disponibili. Relegando i partner di governo a soli tre posti, due alla Lega e uno a Forza Italia, nonché tre in tutto all’opposizione, uno al Pd, uno a M5S, uno a Italia viva. Una sproporzione evidente. Della serie “adesso tocca a noi”, come del resto proprio Meloni ha teorizzato il 4 gennaio, nella conferenza stampa d’inizio anno. Le avevano chiesto quando il Parlamento avrebbe votato per il giudice costituzionale mancante ormai dall’11 novembre. E lei ha rivendicato il pieno diritto di Fratelli d’Italia a mettere le mani sulla Consulta.
Questa è la partita che si apre adesso con la sospensione di Natoli. Il centrodestra – della politica e della magistratura – perde un posto. Saranno più difficili le alleanze proprio tra i sei consiglieri di centrodestra e le toghe di Magistratura indipendente che pure hanno determinato l’assegnazione di posti rilevanti come quello del procuratore di Firenze, quando addirittura il vicepresidente Fabio Pinelli ha esercitato il suo potere di far valere doppio il suo voto in caso di parità.
Ha detto Natoli al Csm: “Con la sospensione non vengo defraudata io, farò la nonna a tempo pieno, ma è stato defraudato il Parlamento che perde un consigliere eletto in seduta comune. E al Parlamento io rispondo. Non rispondo alla parte politica che mi ha proposto, ma alla mia coscienza, alla mia dignità, al popolo italiano che mi ha eletto”. Quindi Natoli non si dimette e il suo posto resterà congelato? Ha concordato questa mossa con il presidente del Senato Ignazio La Russa a cui è vicina? Meloni la seguirà su questa strada perdendo così un posto a palazzo Bachelet?
Potrebbe non andare affatto così vista la ghiotta occasione fornita dall’inevitabile elezione di ben quattro giudici della Consulta entro la fine dell’anno. Un post è vacante dall’11 novembre dell’anno scorso, quella dell’ex presidente Silvana Sciarra. La Corte, con 14 giudici, vede l’attuale presidente Augusto Barbera costretto a votare doppio in caso di parità. Ma il 21 dicembre scadranno anche i nove anni dello stesso Barbera nonché di altri due giudici, Franco Modugno e Giulio Prosperetti. La Corte resterà con 11 giudici, a rischio di veder bloccati i lavori anche per via di un raffreddore. Eleggere quelli mancanti è un’emergenza costituzionale.
E qui ecco in ballo il posto di Natoli al Csm. Le Camere in seduta comune hanno già votato cinque volte per il giudice della Consulta, ma senza raggiungere il quorum. La prossima seduta è fissata per il 17 settembre. L’ha convocata il presidente Lorenzo Fontana dopo la strigliata di Sergio Mattarella alla cerimonia del Ventaglio quando ha sollecitato come inderogabile la sostituzione del giudice mancante. Ma in Parlamento già si può raccogliere la certezza che anche questa votazione andrà in bianco. Fontana, come ha promesso il 5 agosto, convocherà sedute comuni ogni settimana? Anche durante la sessione di bilancio? Ma soprattutto, Meloni non approfitterà di questo voto in itinere per sostituire anche la congelata Natoli senza perdere un prezioso posto al Csm? C’è da scommettere di sì, costringendola a quel punto alle dimissioni.
Con quattro giudici costituzionali da sostituire e un consigliere del Csm, su cinque posti, le trattative con l’opposizione forse potrebbero diventare più semplici. Sempre che l’opposizione accetti. Considerato che Meloni, come ha fatto con il Csm, intende fare la parte del leone, tre giudici della Consulta alla maggioranza, di cui due proprio a Fratelli d’Italia, e uno solo all’opposizione, che pure tra gli uscenti, ne contava tre scelti dalla sinistra. E poi ancora il nuovo consigliere del Csm, un meloniano come l’uscente Natoli, c’è da starne certi.
Se gli equilibri saranno davvero questi, imposti dalla maggioranza, c’è da scommettere che sia la Consulta che il Csm resteranno privi, rispettivamente, di ben quattro giudici costituzionali, e di un laico a palazzo Bachelet. Un vulnus di cui non c’è memoria in 76 anni di storia della Repubblica italiana.
