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Faide interne, spie dissidenti o sabotatori: è caccia globale alla “manina” infedele

Una manina così potente da accedere ai colloqui più segreti del pianeta. E così spregiudicata da far arrivare a Bloomberg gli audio dei colloqui tra l’inviato di Trump, Steve Witkoff, e Yuri Ushakov, il consigliere di Putin per la politica estera. Una fuga di notizie micidiale, studiata con una tempistica che ne moltiplica gli effetti e condiziona il negoziato triangolare tra Washington, Kiev e Mosca. La caccia alla fonte della rivelazione è partita immediatamente, in un clima di sospetti incrociati che ricorda le spy story di John Le Carré. Trovare la talpa sarà difficile, perché il colpo non influisce solo sulla trattativa di pace ma mette a nudo pure le tensioni sotterranee nell’amministrazione Trump.

I russi si sono subito tirati fuori: “Qualcuno divulga informazioni, ma non siamo noi”. Nella sostanza però hanno confermato la trascrizione di Bloomberg. Ushakov ha definito “inaccettabile” il leak, annunciando che ne avrebbe parlato direttamente proprio con Witkoff. “Non sopravvaluterei il significato”, ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov: “Ma è certo che ci sarà un gran numero di persone in diversi Paesi, compresi gli Stati Uniti, che cercheranno di sabotare la tendenza verso un percorso di pace”. Anche a Mosca c’è chi non crede nella trattativa mediata con la Casa Bianca e pensa che il vantaggio militare delle forze russe vada sfruttato fino in fondo, per ottenere la capitolazione di Kiev. Il “Partito della guerra” ha radici profonde nei circoli del potere moscovita. E non a caso la conversazione è trapelata dopo gli incontri con gli emissari europei che hanno radicalmente modificato i 28 punti discussi tra Casa Bianca e Cremlino, partorendo un piano molto lontano dalle pretese russe. “Se si perdono lo spirito e la lettera di Anchorage, la situazione cambierà in modo fondamentale”, è stato l’ultimatum del ministro degli Esteri Lavrov. L’ha pronunciato martedì in tarda serata, poco prima che Bloomberg mettesse sotto gli occhi di tutti il rapporto idilliaco di Witkoff con Ushakov.

Pure nel fronte statunitense le spaccature sono evidenti, facendo addirittura ipotizzare uno scontro tra il vicepresidente J. D. Vance e il segretario di Stato Marco Rubio, i due uomini forti dell’amministrazione Trump. Per cercare di trovare un compromesso accettabile da Zelensky si è mosso personalmente Carlos che a Ginevra si è riunito con gli emissari delle cancellerie europee e della presidenza ucraina mentre gli incontri tecnici ad Abu Dhabi sono stati affidati al segretario dell’Esercito Daniel Driscoll, amico di Vance sin dai corsi di Yale. Ci può essere un calcolo di Rubio a delegittimare Witkoff per prendere il controllo del processo negoziale e semplificare il confronto con Kiev sui punti più controversi? Oppure può convenire al tandem Driscoll-Vance irritare i russi per bruciare le chance del segretario di Stato?

Tra i sostenitori di Trump c’è però un riflesso automatico che porta ad evocare l’ombra del Deep State, il nemico numero uno della rivoluzione Maga. La Casa Bianca ha epurato i vertici degli apparati di sicurezza e messo alla porta i funzionari meno fidati, ma restano tanti 007 che non amano il nuovo corso e sospettano delle relazioni troppo amichevoli con il Cremlino. “Ci sono diversi modi per intercettare telefonate, fra cui i metodi tradizionali di signal intelligence, cyber attacchi, accesso diretto allo smartphone – ha spiegato a Shaun Walker del Guardian britannico un anonimo veterano dei servizi segreti -. Qualunque ipotesi è teoricamente possibile, ma il mio forte sospetto è che siano stati gli americani e se questo è il caso hai due entità che sono in grado di farlo, la Cia e l’Nsa”. Sono le due agenzie che dalla primavera 2022 hanno stretto un legame di ferro con Kyrylo Budanov, l’audace capo delle spie militari ucraine: anche lui presente ai colloqui di Abu Dhabi e forse il più determinato a sabotare il feeling tra Witkoff e Mosca.

A complicare un quadro già di per sé intricato c’è un’altra circostanza: la telefonata incriminata non sarebbe avvenuta su una linea criptata ma utilizzando WhatsApp con normali cellulari. Lo ha detto lo stesso Ushakov al Kommersant: “Ci sono certe conversazioni su che, parlando in termini generali, qualcuno può essere in grado di ascoltare”. La passione per le app della squadra di Trump ha già provocato gaffe clamorose, come la campagna d’attacchi contro gli Houthi yemeniti organizzata su una chat di Signal in cui il segretario della Difesa, oggi della Guerra, Pete Hegseth, aveva inserito per errore pure il direttore del giornale The Atlantic. Questo contesto allarga la lista dei possibili intercettatori, fino a includere alcune intelligence europee. Come le Bureau di Parigi: gli agenti più autonomi dagli Usa, i più decisi nel sostenere l’aspirazione ucraina a una “pace giusta”.