Dopo quaranta ore di buio le famiglie degli italiani imbarcati sulla Conscience e sulle vele della ThousandMadleens hanno avuto le prime notizie dei loro cari: domani dovrebbero essere espulsi e rimpatriati. I funzionari dell’ambasciata italiana, che ieri non sono riusciti a incontrarli in porto, li hanno visti oggi nel supercarcere di Ketziot, la struttura di alta sicurezza nel deserto del Negev dove erano stati portati anche gli equipaggi della Global Sumud. Al momento non è chiaro se tutti hanno firmato il rimpatrio accelerato e se tutti riusciranno davvero a rientrare. Tanto meno si sa se anche loro in carcere o in porto abbiano subito le violenze e abusi denunciati dai familiari di Adalah.
L’appello dei familiari degli italiani
In mattinata era arrivato l’appello dei familiari, terrorizzati dopo un giorno e mezzo senza notizie. “Non abbiamo ricevuto alcun tipo di aggiornamento”, diceva ancora in tarda mattinata Azzurra Corradini, sorella di Riccardo, uno dei dottori a bordo della Conscience.
Flotilla, i cartelli per Gaza mostrati da un attivista prima dell’arrivo della marina israeliana
“Stiamo parlando di concittadini medici, infermieri, pedagogisti, giornalisti che stavano partecipando a questa missione senza alcun obiettivo politico, né mediatico. La comunità internazionale – sottolinea – ha il dovere morale e giuridico di reagire. Ogni silenzio, ogni neutralità è complicità con il crimine. Quelle navi non portavano armi ma coscienza, solidarietà e umanità”. Sul piede di guerra anche la Freedom Flotilla. “Ci saremmo aspettati che le nostre rappresentanze diplomatiche fossero in grado non solo di tutelare l’incolumità dei nostri cittadini a bordo, ma anche di fornire notizie. E invece – sottolinea il coordinatore Zaher Darwish – non ci è stato comunicato nulla”.
Calci, pugni e schiaffi ad Ashdod
Dai legali di Adalah, arrivati al porto di Ashdod appena si è diffusa la notizia dell’intercettazione delle nove barche della Flotilla, si è saputo che in nottata sono stati trasferiti nel Negev. Con alcuni degli attivisti, circa cento sui 145 portati contro la propria volontà in Israele, dopo essere stati abbordati e catturati in acque internazionali davanti all’Egitto, gli avvocati sono riusciti a parlare brevemente. E i primi resoconti sono da far tremare i polsi. Il trattamento sembra essere stato anche più duro di quello “cileno o da Bolzaneto 2001” – così lo ha definito il deputato dem Arturo Scotto che lo ha personalmente subito – riservato pochi giorni fa agli attivisti della Global Sumud Flotilla.
Greta Thunberg: “Noi maltrattati in detenzione, ma a Gaza c’è un genocidio”
Calci, schiaffi, strattoni, capelli tirati fin quasi a strapparli, prese violente, insulti, umiliazioni. Sulla banchina del porto di Ashdod, dove tutti gli equipaggi sono arrivati tra il tardo pomeriggio e la serata di ieri, ai più è stato riservato un trattamento brutale, violento. Quelli che sono riusciti a parlare con i legali hanno raccontato di essere stati obbligati a restare per ore inginocchiati sul molo con il viso rivolto verso terra, senza poter cambiare posizione pena botte, strattoni, insulti. In molti – denunciano i legali – sono stati sottoposti a pesantissime pressioni psicologiche, umiliazioni e vessazioni, o essere costretti a dichiarare di amare Israele e disprezzare il proprio Paese. Un trattamento, secondo indiscrezioni, riservato ai cittadini anche europei, il cui governo si sia distinto per dichiarazioni di ferma condanna del genocidio in corso a Gaza o per aver approvato sanzioni contro lo Stato ebraico.
I legali: “Interrogati senza assistenza legale
In nottata, tutti sarebbero stati trasferiti nel supercarcere di Ketziot, dove questa mattina sono iniziate le udienze. Almeno venti attivisti, denunciano i difensori, sono stati portati davanti al giudice senza poter contare su un legale e senza averci potuto parlare prima, mentre continuano ad arrivare segnalazione di violenze e abusi fisici e psicologici. Le condizioni di detenzione sono durissime – spiegano da Adalah – anche l’accesso all’acqua potabile è limitato.
Gli attivisti israeliani
Diversa è stata la sorte dei tre attivisti con passaporto israeliano catturati a bordo delle barche della flotilla, prelevati ad Ashdod e trasferiti in un carcere diverso da quello di Ketziot. Accusati di “infiltrazione in un’area militare non autorizzata”, per loro la polizia israeliana ha proposto una detenzione di sette giorni, respinta dal giudice che per i tre ha disposto il rilascio, subordinato a tre condizioni: il divieto di ingresso a Gaza per sei mesi, l’obbligo di presentarsi per un interrogatorio se convocati e una cauzione con sospensione della pena di 4.000 NIS (circa 1.230 dollari) ciascuno. Nessuno ha firmato, l’accusa di infiltrazione in sito non autorizzato – hanno spiegato gli attiviti – è falsa perché la cattura è avvenuta in acque internazionali, a 120 miglia da Gaza. Per questo adesso per loro i legali presenteranno ricorso.
In viaggio verso la Turchia i parlamentari turchi
Sono già in viaggio per fare ritorno a casa tranne tre parlamentari turchi, nella notte prelevati e trasferiti in aeroporto. Insieme a loro, dicono i legali di Adalah, anche altri attivisti sarebbero guà stati espulsi. A dispetto dell’immunità diplomatica, nessuna speciale tutela è stata riservata ai parlamentari danesi, francesi, spagnoli e di altri Paesi oggi ostaggio della struttura di alta sicurezza nel deserto del Negev. Una di loro, Gimena Gonzalez Gomez, è stata catturata dall’Idf mentre era a bordo di una barca battente bandiera italiana.
Gli italiani a bordo
“Per il diritto internazionale, un rapimento su suolo italiano”, hanno commentato gli attivisti di Ultima generazione, che fra gli arrestati hanno molti dei loro, a partire da Francesco Prinetti, medico torinese imbarcato sulla Conscience, “l’ospedale galleggiante” che gli attivisti avrebbero voluto far attraccare davanti alla Striscia .Insieme a lui, a bordo c’erano altri cinque italiani: Riccardo Corradini, oggi chirurgo in passato primo e per lungo tempo unico studente che abbia deciso di studiare e lavorare a Gaza con il progetto universitario Erasmus, Stefano Argenio, infermiere e coordinatore del reparto di Terapia intensiva di un grande ospedale romano e rappresentante sindacale della Cgil, Elizabeth Di Luca, ricercatrice e pedagogista specializzata in educazione in contesti d’emergenza, che ha rescisso ogni legame con l’Università di Malaga quando l’Ateneo si è rifiutato di interrompere i progetti di ricerca con Israele, Claudio Torrero, docente di filosofia, autore di libri, saggi e articoli, diventato monaco buddhista, e Vincenzo Fullone, storico attivista, fra quelli considerati più a rischio perché già in passato colpito da un divieto di ingresso in Israele. Madrid si sta muovendo. Sulle ThousandMadleens erano invece Beatrice Lio, marittima veneta; Lorenzo Bresciani, neurologo dell’ospedale di Padova e Lorenzo Mollicone, attivista e giornalista del magazine ‘Scomodo’
La Farnesina: “Stiamo lavorando”. Si muove il parlamento Ue
“Stiamo lavorando perché i nostri concittadini sano liberati il prima possibile e possano tornare in Spagna”, ha detto il ministro degli Esteri José Manuel Albares. Si è attivato anche il Parlamento europeo, ha confermato la presidente Roberta Metsola. “Siamo in contatto costante con le autorità israeliane e con i gruppi interessati per garantire che tutti deputati del Parlamento europeo ricevano un trattamento dignitoso anche se non si è trattato di una missione ufficiale – ha detto rispondendo all’intervento del co-presidente dei Verdi al Parlamento europeo Bas Eickhout, che ha espresso preoccupazione per le condizioni dell’eurodeputata Melissa Camara – La nostra Dg Safe e la nostra cellula di sicurezza sono state attivate e continueremo a fare tutto il possibile”.
