«Matrimonio tradizionale, uno spropositato numero di figli e obbedienza cieca al marito sono tornati prepotentemente in auge nell’America di Trump. E questo anche grazie alla complicità di influencer che con i loro video patinati rendono glamour certe idee retrograde. Sono le Trad Wife, le “mogli tradizionali”: che spopolano in rete proponendo modelli di vita che ostentano, ma che nella realtà non seguono. Per denunciare la falsità dei loro messaggi, ho ambientato proprio nel loro mondo il mio ultimo romanzo giallo». Jo Piazza, 45 anni, giornalista freelance che ha collaborato con prestigiose testate come , è la scrittrice italoamericana già autrice di diversi bestseller, compreso , sul misterioso omicidio della sua bisnonna Lorenza, avvenuto nel villaggio siciliano di Caltabellotta a inizio ’900. Una storia che ha poi trasformato in podcast di grande successo.
già opzionato da Hollywood, è il primo dei suoi romanzi ad approdare in Italia, edito da Piemme. Segue le indagini della reporter Lizzie sull’ex compagna di scuola Rebecca, una guru delle Trad Wife, accusata di aver assassinato il marito, suprematista e repubblicano.
Il fenomeno tutto americano delle Trad Wife si è accentuato dopo l’assassinio del leader nazionalista cristiano Charlie Kirk e le lacrime in tv di sua moglie Erika.
«Il romanzo è più attuale ora di quando uscì in America un anno fa. L’ho scritto in fretta perché i fenomeni della rete si consumano rapidamente, e non ero certa che le Trad Wife sarebbero sopravvissute ai tempi editoriali. Invece le paladine della tradizione sono aumentate a dismisura dopo la vittoria di Trump. E un altro picco è arrivato appunto dopo l’omicidio Kirk e le affermazioni di Erika secondo cui “la moglie obbedisce all’uomo che la serve”. Così oggi siamo invasi da influencer secondo cui il posto delle donne è in casa e quello dell’uomo è a capo della famiglia».
Una regressione che volta le spalle a decenni di conquiste femministe.
«Negli ultimi 20 anni le donne si sono sobbarcate carriera e famiglia perché vigeva un modello di successo a tutti i costi che però non era sostenuto da politiche che sostenevano il loro duplice impegno. Poi è arrivato Donald Trump che ha spinto i giovani uomini a votare per lui sfruttando la stessa retorica usata contro i migranti: le donne vi rubano il lavoro. Le influencer tradizionaliste hanno approfittato di questo particolare momento di crisi per inondare la rete di video dove fare il pane e badare a tanti figli sembrano azioni facili e appaganti».
Una realtà solo apparente…
«Quelle storie sono costruite a tavolino, basate su quanto chiesto dagli algoritmi: principalmente donne incinte, bebè e lezioni di cucina. Il punto del mio romanzo è proprio dimostrare che quel che vediamo online è finto. E le stesse “mogli tradizionaliste” sono l’opposto di ciò che predicano: gestiscono attività e sono loro a mantenere la famiglia, non i mariti. Fingono di essere perfette per rifilare corsi di pasticceria, ikebana, prodotti per la casa».
Dietro c’è un disegno politico?
«Quel tipo di contenuti è sempre più spesso finanziato e promosso da organizzazioni conservatrici: mirano a convincere sempre più donne che abbandonare il lavoro, occuparsi della casa e rinunciare ai loro diritti — controllo delle nascite in testa — è una scelta, non un’imposizione patriarcale. Quei video sono il punto d’incontro fra il programma dei nazionalisti cristiani e il bisogno capitalista di vendere a ogni costo».
Le Trad Wife ne sono consapevoli?
«Ne ho intervistate centinaia e, proprio come certi patron dei social, sanno di creare ansia, depressione e vergogna. Purtroppo, ormai l’attenzione del prossimo è merce preziosa: genera vantaggi economici enormi. Nessuna di loro è pentita. Qualcuna molla dopo aver capitalizzato abbastanza: ma spesso perché nel frattempo ha divorziato e senza marito non può più essere una Trad Wife».
Il titolo americano è “Everyone Is Lying to You”, ti stanno mentendo tutti.
«Le influencer che ci fanno sentire in colpa perché le nostre vite non sono belle quanto le loro mentono. Affittano cucine per girare le loro lezioni di pasticceria. Usano registi per video fintamente fatti in casa. Vestono abiti forniti da sponsor. Fanno disinformazione continua».
Eppure coinvolgono i loro stessi figli…
«Sono le prime vittime, a volte esposti addirittura prima di nascere: ci sono influencer che partoriscono in diretta social. Bambini privi di privacy, obbligati a fare cose che detestano. Ne ho visto uno costretto a rifare un castello di sabbia dieci volte, perché la scena non era mai abbastanza buona: non si divertiva affatto. Essere un baby influencer è un lavoro duro e non retribuito. Purtroppo, non ci sono ancora abbastanza regole per tutelarli. I primi bimbi apparsi da piccoli su YouTube hanno appena compiuto 18 anni e non stanno affatto bene. Sono ansiosi, non distinguono la realtà dalla finzione. Qualcuno ha fatto causa ai genitori; altri non gli parlano più».
Ci sono influencer femministe?
«Sì, ma sono penalizzate dagli algoritmi, che preferiscono contenuti patinati. Per sfondare devono fare parodie, sfruttare i gattini. Eppure è fondamentale che le donne si riapprprino della loro voce e parlino anche online delle loro esigenze. Io non biasimo chi vuole una vita tradizionale: ma nessuno deve permettersi di limitare il diritto alla scelta di tutte le altre».
Il libro
di Jo Piazza (Piemme, traduzione di Fulvia Quercia, pagg. 320, euro 21)
