Zelensky neppure lo sognava: «L’Ucraina — scrive il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sul suo social network dopo un bilaterale di un’ora — può combattere e riconquistare tutto il territorio perduto». Anzi: «Chissà, forse potrà andare persino oltre. Continueremo a fornire armi alla Nato».
A febbraio, quando lo aveva cacciato dalla Sala ovale sfottendolo per la mimetica militare, Trump lo aveva sgridato dicendogli che la Russia avrebbe «inevitabilmente vinto la guerra» se non si fosse deciso a negoziare a condizioni «realistiche». Ma ora si volta la carta, anzi si cambia mazzo. A margine dell’Assemblea generale dell’Onu, ecco Trump elogiare «il presidente che tutti conosciamo, il grande uomo coraggioso» seduto accanto a lui.
Questo nuovo incontro — il quarto dopo la “catastrofe” della Casa Bianca, quei 15 minuti riparatori in Vaticano il 26 aprile, e l’incontro collettivo di agosto a Washington con assistenza dei volonterosi — va oltre ogni aspettativa. «È un grande cambiamento, penso che questo sia un momento molto importante», dice Zelensky quando già Trump ha messo nero su bianco parole che suonano come una svolta a U. La strada imboccata è quella di un inatteso allineamento alla strategia europea.
«Con tempo, pazienza e il supporto finanziario dell’Europa e in particolare della Nato — scrive Trump su Truth — il ritorno ai confini originali da cui è iniziata questa guerra è davvero un’opzione. La Russia sta combattendo senza scopo da tre anni e mezzo una guerra che una vera potenza militare avrebbe dovuto vincere in meno di una settimana. Questo non dà prestigio alla Russia. Anzi, la fa apparire come una tigre di carta». Quel monito «avete perso la guerra» che la Casa Bianca aveva tuonato provando a piegare Zelensky e gli ucraini, cercando di convincerli a chiudere il conflitto a condizioni che Kiev non era disposta a concedere, ora pare svanito. Ora Trump pare convinto che sia Mosca in difficoltà. Stavolta non è Zelensky a non avere «le carte per giocare», come lo rimproverò nella Sala ovale: «Putin e la Russia sono in grossi guai economici, e questo è il momento per l’Ucraina di agire. In ogni caso, auguro il meglio a entrambi i Paesi. Continueremo a fornire armi alla Nato». Mentre i russi «scopriranno cosa sta realmente accadendo», cioè «le lunghe code per la benzina» e l’economia di guerra in cui «la maggior parte del denaro viene spesa per combattere l’Ucraina», Kiev «ha un grande spirito e sta solo migliorando».
Zelensky stavolta è stato accolto con un tono ben diverso da quello usato in passato nei suoi confronti, ed egli stesso ha tenuto un registro accorto e ossequioso. Lo ha fatto mantenendo però fisso l’obiettivo. Ringrazia Trump per i negoziati, gli ripete più volte di volere la pace, ma lo informa di avere «buone notizie dal terreno. Questo mese i nostri soldati hanno liberato 360 chilometri quadrati e hanno catturato mille soldati russi che potremo scambiare. Vogliamo finire questa guerra ma potremo continuare a combattere fino a quando non sarà la Russia a fermarla. E sappiamo che dovranno farlo. Servono più sanzioni Usa e Ue, e io supporto l’idea del presidente Trump e voglio discutere con lui come fermare alcune nazioni europee che comprano petrolio e gas russo». «Orbàn è mio amico, penso che l’Ungheria smetterà di acquistare petrolio dalla Russia se parlerò con lui, e lo farò», replica Trump.
Musica nuova, dall’America, per Kiev. «La lotta dell’Ucraina è davvero impressionante: stanno fermando bene i russi», dice Trump. Ma lascia ancora una porta aperta al Cremlino: «Mi fido di Putin? Lo dirò tra un mese». E sul tema decisivo, le garanzie per Kiev, per ora Trump glissa: «Ne parleremo più avanti».
