Ognuno dei miei lettori conosce il gestore della trattoria Via della Pace. Chi è? Tatuato, barba hipster e capelli lunghi in crocchia, vociona inconfondibilmente romana, sta sempre in tv… Non a MasterChef o alla Prova del Cuoco, no. Lo inquadrano ogni anno, tra fine agosto e inizio settembre, con i coach e gli staff di Musetti, Cobolli, Cocciaretto, Paolini e degli altri italiani durante i match a Flushing Meadows.
Si chiama Giovanni Bertocci, ne hanno scritto i giornali italiani quando seguiva rumorosamente i primi exploit di Berrettini dalle tribune dei campi dell’UCLA Billie Jean King National Tennis Center. Il fatto che a Bertocci e alla sua Via della Pace a Manhattan abbia dedicato ieri un articolone il (“For Italian Tennis Stars, a Little Corner of Rome in the East Village”, questo il titolo) è un portato dell’interesse che tutti i ragazzi e le ragazze della azzurra suscitano sulla scia dei successi di Jannik Sinner, Matteo Berrettini, Jasmine Paolini, Lorenzo Musetti eccetera. Peraltro, secondo il giornalista e scrittore Gerald Marzorati (da leggere assolutamente il suo “Tardi sulla palla”, euro 15,20, Add Editore), del quale il prestigioso ha pubblicato un editoriale giorni fa sul “Rinascimento del tennis maschile italiano”, il fenomeno va studiato a fondo perché non è affatto casuale.
Lui ne spiega così i motivi: “Oltre a far costruire campi in cemento e a migliorare i metodi di allenamento, la federazione italiana ha decentrato la struttura di formazione, supportando gli junior d’élite dove vivono e consentendo loro di restare con gli allenatori che hanno scelto”. Inoltre, “nei numerosi tornei di livello inferiore in tutta Italia (i Challenger, ), i giovani possono affinare il gioco contro la concorrenza internazionale e potenzialmente guadagnare punti di classifica, senza sostenere i costi e le seccature del viaggio”. Stiamo godendo degli effetti di queste strategie.
Ma ci dobbiamo ancora abituare. Eravamo gregari, siamo capitani. Ci consolavamo con un terzo turno in uno Slam, ci disperiamo per una finale persa. A Flushing Meadows i match con gli italiani sono spesso quelli di cartello, anche perché bel 10 giocatrici e giocatori di casa nostra sono tra i 128 sopravvissuti al primo turno dei due tabelloni di singolare. Il trend collettivo positivo non è inficiato – considerate forza e qualità degli avversari – dal fatto che oggi, con tre azzurri in lizza a Flushing Meadows, uno solo passa il turno.
Bronzetti battuta da Sabalenka
Comincia Lucia Bronzetti, che resiste stoicamente per un’ora alla potenza fotonica di Aryna Sabalenka: una che anziché la racchetta sembra impugnare il disintegratore spaziale di Goldrake. La riminese, Wta 82, classe 1998 come la bielorussa numero 2 al mondo, non sfigura davanti al pubblico del Louis Armstrong Stadium, regge gli scambi, serve bene, si prende quattro game, tre nel primo set, uno nel secondo: di più non si può chiederle.
Musetti batte Kecmanovic dopo una maratona di quasi 4 ore
La seconda “Italian Tennis Star” di giornata è Lorenzo Musetti, la medaglia di bronzo di Parigi, opposto sull’ampio campo 5 al serbo di scuola tennistica americana Miomir Kecmanovic, 25 anni tra due giorni. Atp 53. Il carrarino parte con il freno tirato e non riuscirà a correre libero per buona parte delle successive tre ore e passa. Resta lontano un metro di troppo dalla riga di fondo e raramente si spinge oltre la propria metà campo. Si affida soprattutto alla felicità dei colpi nelle situazioni estreme. Perde il primo set senza mai dare la sensazione di poter contrastare le vincenti bordate dell’avversario, intenzionato a non prolungare gli scambi. Alza il livello del proprio gioco nel secondo e terzo parziale, che si prende di misura, ma cede di schianto nel quarto.
Kecmanovic subisce il break in apertura del set finale. Lo recupera in fretta e diventa sempre più aggressivo, forse perché evidentemente stanco. Continua a segnare lui il ritmo dei brevi scambi. Nel decimo gioco, quand’è alla risposta, si procura due match point che si fa annullare. È la svolta che premia la resilienza di Musetti: subito dopo, infatti, il numero 2 d’Italia ottiene il break al termine di un game drammatico, segnato dalle difficoltà di spostamento del serbo. Serve da campione e chiude i conti (3-6 6-4 6-4 2-6 7-5). Ma quanta fatica e sofferenza, Lorenzo.
Berrettini fuori dagli Us Open
Quando in Italia sono le 3 di notte viene il momento più atteso dal pubblico dell’Armstrong e dai manager del marketing della Boss: Taylor Fritz vs. Matteo Berrettini, che qualcuno ha preventivamente definito “il match esteticamente più bello dell’anno” (non si riferisce al gioco).
È una pratica veloce, perché il romano non è quello un mese fa, quando in scioltezza portò a casa i titoli del Swiss Open e dell’Austrian Open. Tecnicamente, si può anche dire che, al momento, la sua efficienza sul veloce non è quella sulla terra rossa. L’americano, testa di serie numero 12 del torneo, ha qualche tentennamento solo nel secondo set, peraltro cedendo un solo punto nel tie break (6-3 7-6 6-1). Bisogna avere pazienza con Matteo, che ha passato le sue nella seconda metà della scorsa stagione e nei primi mesi di quest’anno. Lascia New York da numero 43 ATP, racimolerà altri punti in estremo oriente e poi in Europa. Riuscisse a rientrare tra i primi 30 al mondo entro la fine stagione, sarebbe un eccezionale risultato.
Monfils, l’eroe di giornata
Se ogni giorno ha il suo eroe, quello di oggi è Gael Monfils, 38 anni domenica 1 settembre, che fa penare per 4 ore e 44 minuti Casper Ruud, 25 anni, numero 8 del seed. Dando come sempre spettacolo (le tribune del Grandstand sono spesso in visibilio), il francese resta un protagonista che al momento non ha degni sostituti. Il norvegese riesce alla fine a evitare per un soffio l’incubo del quinto set: 6-4 6-2 2-6 7-6. Com’è scritto su una T-shirt che mi ha regalato anni fa il mio amico Diego, bisogna sempre aver paura di un vecchio che impugna una racchetta.
