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Nordio: “Il referendum non sia aut aut sul governo. L’Anm irritata perché perde potere”

Sulla riforma della separazione delle carriere ho “l’auspicio, l’augurio e quasi la supplica alla magistratura che a questo referendum non venga conferito un significato politico tanto meno di aut aut nei confronti del governo, come è accaduto anni fa con il governo Renzi”. Così il ministro della Giustizia Carlo Nordio, in collegamento con l’assemblea nazionale di Noi moderati in corso a Roma.

Secondo il Guardasigilli, “con la riforma della giustizia, la figura del pm viene elevata allo stesso rango del giudice” e “tutte le obiezioni fatte come il processo alle intenzioni al governo sono trucchi verbali, vere e proprie trappole enfatiche che non hanno nessun fondamento. E simili sciocchezze vengono dette proprio da alcuni magistrati”.

Ci vorrebbe, aggiunge, “quella razionalità che manca a chi non trova argomentazioni migliori come quella di dire che siamo dei seguaci o dei manutengoli di Licio Gelli e della P2, che vogliamo sovvertire la Costituzione. Faccio presente che in questi giorni si sono pronunciati costituzionalisti come Augusto Barbera e Sabino Cassese”.

Poi l’affondo verso il sindacato delle toghe. “C’è una grande rivoluzione che irrita, e lo capisco che irriti, l’Associazione nazionale magistrati… perché gli toglie il potere, gli toglie la giurisdizione domestica, ma la restituisce alla magistratura, per cui la magistratura secondo me si renderà conto a un certo punto che uscirà più libera da questa riforma costituzionale, perché non avrà più l’ipoteca delle correnti”.

Nel corso di un convegno a Firenze, invece, il presidente dell’Anm Cesare Parodi ha detto che la riforma della giustizia “viene presentata intenzionalmente con un referendum perché nulla mi toglie dalla testa che non fosse possibile arrivare a una qualche forma di accordo sui due terzi del Parlamento, conosciamo tutti la politica in Italia. Ma si vuole votare, perché il voto in un certo senso vuol dire mettere un sigillo sulla delegittimazione e quindi sul ridimensionamento della magistratura nel sistema”.

“Noi – ha spiegato nel suo intervento – non abbiamo la forza dei numeri, della sovranità, ma la forza della Costituzione. Questa è l’unica nostra vera forza. Gli avvocati del Comitato del Sì, i politici dicono ‘non abbiamo toccato il primo comma dell’articolo 104, nessuno mette in discussione la libertà e l’indipendenza della magistratura’”. Però, “il problema è che hanno modificato tutti i commi successivi svuotando quella che era la garanzia di effettività di questo principio”.