Passato, presente e futuro. Il presidente russo Vladimir Putin, imbaldanzito dalla recente piega degli eventi, ha abbracciato ieri nel suo discorso le tre dimensioni del tempo. È partito dal passato, o meglio dalla storia, per spiegare che a suo dire il tanto conteso Donbass – uno dei nodi chiave dei negoziati – «è territorio russo, questo è un fatto storico»: «Il Donbass faceva parte della Repubblica socialista federativa sovietica russa, Lenin cambiò idea e lo cedette all’Ucraina, ma è un nostro importante territorio storico», ha affermato durante un intervento al Consiglio presidenziale per lo sviluppo della società civile e i diritti umani, aggiungendo che sta cercando di mettere fine a una guerra cominciata a suo dire con un «colpo di Stato» a Kiev, nel 2014.
«Qui, nella sala di San Giorgio del Cremlino, portando avanti le tradizioni stabilite da Caterina la Grande e inchinandoci a tutte le generazioni di eroi, affermiamo e sottolineiamo l’inseparabilità della storia millenaria del nostro Paese», ha detto poi consegnando le medaglie d’oro ai militari distintisi in battaglia: «La Russia si è formata attorno alla famiglia e alla Madrepatria, e la sua forza e le sue vittorie risiedono nella giustizia storica. Ora, in un momento difficile, il Paese è ancora una volta convinto di quanto siano forti le tradizioni della gloria militare e con quale dignità siano ancora portate avanti». Il passato legittima le scelte del presente, anche se il Cremlino tiene a precisare, rispondendo al cancelliere tedesco Friedrich Merz, che no, la Russia «non vuole restaurare l’Urss, perché è impossibile, parlarne è una mancanza di rispetto per i nostri partner, gli alleati della Csi».
Il presente è il terreno in Ucraina, dove secondo il capo di Stato maggiore Valerij Gerasimov l’esercito avrebbe preso il controllo di tre centri abitati ad est della cruciale città di Pokrovsk, nel Donetsk. Piccoli avanzamenti che però sono ormai quotidiani e che giustificano il buon umore del leader, secondo il quale «i soldati russi che conquistano città ucraine sono accolti con gioia dalla popolazione locale, con le parole “Vi stavamo aspettando”». Date queste premesse, il futuro non può che essere roseo: «Raggiungeremo gli obiettivi dell’operazione militare speciale – ha assicurato – e tutto ciò che è stato distrutto nei combattimenti sarà ricostruito».
Tanta storia e tanta fiducia, dunque, nelle parole di Putin, che ha lasciato ai suoi collaboratori il compito di fare il punto sui negoziati e di polemizzare con l’Occidente. «La Russia è in costante contatto con i funzionari statunitensi, in attesa delle conclusioni delle discussioni sul piano di pace degli Stati Uniti con l’Ucraina», ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, secondo il quale «è una totale assurdità» pensare che Mosca starebbe preparando un attacco alla Nato.
Nuove bordate agli europei sono arrivate invece da Kirill Dmitriev, consigliere presidenziale per gli investimenti esteri e negoziatore con gli Stati Uniti, che ha accusato Ue e Regno Unito di voler sabotare l’accordo di pace, «come già nel 2022»: «I globalisti, i burocrati del Regno Unito e dell’Ue, i neoconservatori, il complesso militare-industriale e i media mainstream combattono massicciamente la pace», ha scritto sul social X, per poi complimentarsi con Donald Trump: «Dice la verità sui leader europei. Stanno distruggendo i loro Paesi. Sono deboli. Non sanno cosa fare».
