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Raid informatici e missili sui droni: la mossa Nato per la deterrenza contro gli attacchi russi

BRUXELLES – «Prevenzione e deterrenza» contro attacchi hacker, intrusioni di droni e disinformazione. Ma nessun assalto militare tradizionale alla Russia o a qualsiasi altro Paese. Alla Nato spiegano così le parole pronunciate da Giuseppe Cavo Dragone, presidente del comitato militare dell’Alleanza atlantica. Ma quelli dell’ammiraglio italiano sono soprattutto gli interrogativi che nel Quartier Generale dell’Organizzazione si rincorrono da tempo. E che sono alla base di tutti i piani in via di elaborazione per rispondere alle operazioni ostili e intrusive di Mosca.

Perché il punto è proprio questo: da quando il Cremlino ha messo in moto le varie forme di guerra ibrida nei confronti dell’Europa, la Nato ha iniziato a studiare le possibili contromosse. Che per essere efficaci non possono, però, basarsi solo su un atteggiamento passivo. La parola chiave utilizzata più spesso dai vertici dell’Alleanza è allora «proattività». Che non vuole dire sferrare un attacco ma difendersi in via preventiva secondo il detto popolare «prevenire è meglio che curare». Questo è dunque il filo conduttore dello schema su cui il Quartier generale di Bruxelles sta riflettendo.

Il presupposto è che gli interventi maligni di Mosca non hanno incontrato ostacoli fino ad ora. Va quindi posto un argine. I pilastri su cui l’Alleanza intende muoversi sono tre. Il primo riguarda la cyber guerra. Il rischio è che le azioni di hackeraggio possano aver effetti sulle grandi infrastrutture: telecomunicazioni, trasporti (a partire dal blocco della navigazione radar degli aerei), ospedali. In questi mesi la risposta è sempre stata successiva. Adesso l’idea è di individuare la fonte da cui partono gli attacchi tecnologici e puntare a paralizzare o inibire quella fonte. Prima che metta in moto qualsiasi minaccia. Una sorta di “contro-hackeraggio”.

L’altro capitolo riguarda la manipolazione dell’opinione pubblica. Il caso più eclatante che viene spesso citato è quello delle ultime elezioni in Romania. Il condizionamento dell’attività sociale e politica da parte di Mosca non può essere accettato senza repliche. Anche perché nei prossimi diciotto mesi molti grandi paesi saranno chiamati alle elezioni. Pure in questo caso il progetto è di bloccare all’origine il tentativo di influenzare la vita dei paesi membri della Nato. Farlo alla fonte.

Il terzo punto è forse il più delicato. Concerne l’intrusione nello spazio aereo dell’Organizzazione atlantica. Gli ultimi episodi si sono registrati proprio ieri in Lituania. In questo caso non da parte russa ma da parte del principale alleato di Putin, la Bielorussia. E infatti il problema si acuisce per i Paesi della Nato che confinano con la Russia e con il suo principale partner. Per gli altri, la soluzione è più agevole: si aspetta che il drone entri nello spazio internazionale e si interviene. Ma l’Alleanza deve iniziare a valutare come inibire queste operazioni quando non c’è un “cuscinetto” neutrale intermedio.

Attendere, allora, che entrino in territorio Nato per il momento non ha permesso una deterrenza efficace. L’ipotesi, allora, è di verificare in primo luogo la traiettoria dei droni. L’esempio è semplice: se la rotta è parallela al confine, allora si può evitare in ogni caso un intervento. Se invece è perpendicolare e quindi il drone è diretto in territorio europeo, si può intervenire prima? È lecito impedire che violi il confine? La risposta a questi quesiti inizia ad essere positiva. È evidente che il discorso cambio se la minaccia viene da un aereo militare. In quel caso scattano le misure di sicurezza già in essere. Perché abbattere un Mig, con un pilota a bordo, è ben diverso dal colpire un drone. Il tutto ricordando che le armi più moderne di Mosca consentono di raggiungere qualsiasi parte del territorio europeo in una manciata di minuti.