Il capo dell’Ufficio presidenziale Andriy Yermak si è dimesso ieri mattina poche ore dopo l’incursione di decine di agenti della Nabu negli uffici presidenziali in via Bankova. Lo scandalo corruzione è salito all’attico del potere ucraino provocando un terremoto di cui sono noti solo i primi, devastanti effetti. Il presidente Zelensky perde il suo braccio destro, il cardinale oscuro del potere che reggeva di fatto tutta la macchina operativa dello Stato; e l’Ucraina perde il suo capo negoziatore nel momento più delicato della trattativa sul piano di pace americano. “Sono disgustato, vado al fronte”, ha reagito Yermak con un messaggio al .
Che gli investigatori della Nabu fossero alle sue calcagna era noto, e giravano continuamente voci secondo cui il presidente e il suo capo ufficio avevano scatenato i servizi segreti e la procura militare per mettere sotto accusa il capo della procura anti corruzione, la Sapo, che dirige le indagini. Uno dei consiglieri di Yermak aveva smentito le voci come “fake news”, ma dopo la diffusione delle intercettazioni dell’operazione “Mida” sul maxi scandalo di Energoatom, il capo della Sapo disse che “Ali Baba tiene incontri e assegna compiti alle forze dell’ordine affinché perseguitino i detective della Nabu e i pubblici ministeri della Sapo”. I giornalisti investigativi ucraini ritengono che Ali Baba sia proprio il nome in codice affibbiato a Yermak. Al suo posto, alla guida della delegazione per i negoziati di pace, Zelensky ha nominato Rustem Umerov.
Ucraina, scandalo corruzione: Zelensky annuncia le dimissioni di Yermak
La pressione politica era alle stelle. Nei giorni scorsi la fronda interna ai Servi del Popolo di Zelensky aveva chiesto la testa di Yermak proprio per le nuvole nere giudiziarie che continuavano ad addensarsi sulla presidenza anche dopo le dimissioni dei ministri della Giustizia e dell’Energia, travolti dallo scandalo insieme all’ex socio e grande amico di Zelensky Mindich, fuggito appena in tempo in Israele. Ma Zelensky aveva difeso il suo capo ufficio includendolo nella delegazione negoziale, rendendo impensabile che la procura procedesse nei suoi confronti mentre l’Ucraina si gioca al tavolo diplomatico la sua stessa sopravvivenza. Non è bastato.
Il giorno prima che gli agenti si presentassero in via Bankova nella sua residenza e nei suoi uffici, Yermak aveva dichiarato che “finché Zelensky sarà presidente” l’Ucraina non farà concessioni territoriali. Sono in molti oggi a Kiev a pensare che la mannaia di Nabu e Sapo –strutture legate e protette dalle lobby occidentali e dai governi partner, che hanno bisogno di garanzie a fronte degli aiuti versati – sia calata per ammorbidire la linea di Zelensky nel negoziare la pace. Altri la leggono invece come un’autodifesa preventiva da parte degli organismi anti corruzione per scongiurare un nuovo tentativo di Yermak di far incriminare il procuratore capo della Sapo che insegue lui e gli uomini scelti da lui, una voce che continuava a correre.
Per ora non è chiaro a cosa mirassero gli investigatori, e non è stato divulgato cosa abbiano eventualmente sequestrato. Non risulta ci siano stati provvedimenti nei confronti di Yermak, ma l’affondo è comunque epocale, e la presidenza ha capito di non poter reggere un nuovo attacco politico senza prendere provvedimenti. Lo stesso Zelensky è a rischio: ci sarebbe anche lui nelle intercettazioni, e nessuno sa quanto possano essere pesanti. Senza contare la difficoltà di sostenere che potesse essere all’oscuro di almeno cento milioni di dollari di tangenti pagate a uomini a lui vicinissimi, amici intimi e persone al vertice della sua squadra di potere.
“Ci stiamo preparando per un incontro con la parte americana – ha detto Zelensky – sui passi necessari perché sia una pace degna. Tutta l’attenzione è concentrata sulla diplomazia e sulla difesa, è necessaria forza interna che è la base della nostra unità e delle nostre relazioni con il mondo. Non possiamo essere distratti: ci sarà un riassetto dell’Ufficio presidenziale, Yermak ha scritto una lettera di dimissioni. Sono grato ad Andriy per aver sempre presentato la posizione ucraina durante i negoziati esattamente come avrebbe dovuto essere: una posizione patriottica. Ma voglio che non ci siano voci e speculazioni. Terrò consultazioni con coloro che possono guidare questa istituzione”.
I nomi che si fanno sono quelli di Pavlo Palisa, il vice di Yermak che ha buoni rapporti con gli americani; del primo vice primo ministro e ministro della trasformazione digitale, Mykhailo Fedorov; e della ex ambasciatrice negli Stati Uniti, Oksana Markarova. La prima ministra Yulia Svyrydenko sarebbe stata il nome più gettonato ma è lo stesso Zelensky a blindarla nell’incarico attuale: deve occuparsi di questioni meno visibili ma fondamentali come la prossima legge di bilancio, un’operazione vitale e molto complessa in un paese con l’economia e le casse devastate da quattro anni di guerra.
Ma c’è un’altra squadra persino più importante in questi giorni ed è quella negoziale in cui, accanto a Yermak (che non ne farà più parte) e a una serie di nomi di seconda fila, c’erano il generale Budanov, capo dei servizi segreti militari, e l’ex ministro della Difesa e attuale Consigliere per la sicurezza, Umerov. Quest’ultimo è un altro nome su cui si addensano le nuvole nere dell’inchiesta sulla corruzione, ma con un distinguo: è vero che nei giorni scorsi si era sparsa la notizia che l’inchiesta stesse per coinvolgerlo insieme allo stesso Yermak, ma lui è in buoni rapporti con l’amministrazione americana e aveva discusso la bozza dei 28 punti senza opporsi, se non approvandola addirittura come avevano scritto alcuni giornali americani. Se i tempi dell’inchiesta devastante di Nabu e Sapo non sono casuali, Umerov avrebbe un tallone d’Achille ma ha mostrato meno intransigenza di Yermak.
E’ bene chiarire che Nabu e Sapo non hanno potere nei confronti di Zelensky: dal punto di vista giudiziario il presidente ha l’immunità, ma dal punto di vista politico è immensamente più fragile. Le prossime ore e le decisioni che dovrà prendere ci faranno capire se riuscirà a mantenere l’assetto del potere attraverso uomini di fiducia sua e dello stesso Yermak, con cui disse “siamo venuti insieme e ce ne andremo insieme”. Al , ieri Yermak ha fatto una dichiarazione strabiliante: “Vado al fronte e sono pronto a qualsiasi missione”, ha scritto in un “appassionato messaggio di testo”. “Sono una persona onesta e perbene. Ho servito l’Ucraina – ha scritto Yermak al Post – ed ero a Kiev il 24 febbraio 2024. Forse ci rivedremo. Gloria all’Ucraina”. Se, quando e dove abbia intenzione di arruolarsi non lo ha detto. Ma “sono stato profanato e la mia dignità non è stata tutelata, nonostante sia a Kiev dal 24 febbraio 2022. Pertanto non voglio creare problemi a Zelensky: andrò al fronte. Sono disgustato dalla sporcizia che mi viene rivolta, e ancora più disgustato dalla mancanza di sostegno da parte di coloro che conoscono la verità”.
