BARI – Pasquale Tridico è il candidato del campo largo in Calabria. Dopo giorni di incertezza, la designazione è stata ufficializzata ieri. «Con orgoglio e responsabilità, accetto questa sfida», chiosa l’europarlamentare del Movimento 5Stelle considerato, da economista, come il padre del reddito di cittadinanza. Dovrà sfidare l’uscente Roberto Occhiuto, dimissionario perché indagato per corruzione, alle elezioni del 5 e 6 ottobre.
C’è però il giallo di Azione: Carlo Calenda dice che il suo partito non lo sosterrà, mentre il suo referente calabrese, Francesco De Nisi, assicura che il simbolo non ci sarà ma esponenti candidati in altre liste sì. È certa, invece, la defezione in Toscana, dove il candidato del campo largo, Eugenio Giani, però, non ne fa un dramma: «Non diamogli più peso di quello che ha». E spiega di poter contare sull’appoggio di centristi come Matteo Renzi con Italia Viva, del partito socialista, dei repubblicani, di + Europa, e del liberaldemocratico Andrea Marcucci. In Calabria, però, c’è anche il malessere di Avs, che aspirava a esprimere un suo uomo: prima l’ex sindaco di Riace ed europarlamentare Mimmo Lucano, poi Flavio Stasi, sindaco di Corigliano Rossano.
«Ora è il momento di fare, con tutte le nostre forze, la campagna elettorale nelle regioni al voto. Dopo occorrerà discutere di come si costruisce una coalizione vincente, che non può essere il risultato di un rapporto duale tra Pd e M5s», fanno sapere i due leader Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli.
Oltre a non esprimere alcun candidato presidente, la federazione rossoverde subisce il veto in Puglia di Antonio Decaro. Rivolto principalmente a Michele Emiliano, il governatore in carica. Ma esteso anche a Vendola, che l’europarlamentare vede troppo conflittuale proprio nei confronti di Emiliano. Ripercussioni nelle altre regioni? «Noi non mettiamo in discussione nulla, ma le liste di Avs le facciamo noi, non Decaro o il Pd», avverte Bonelli. Per lui è l’europarlamentare a dover risolvere il problema: «È Decaro che pone veti. Lo rispetto ma non è un re». E se lo stallo rimane, «si va avanti anche senza di lui», dice Bonelli.
Ora, tuttavia, è l’europarlamentare a ventilare, sia pure come extrema ratio, la possibilità di correre anche da solo. «Sono sempre stato rispettoso del mio partito», premette, a Fasano, durante la presentazione del suo libro, “Vicino”. Ma poi aggiunge: «Se dovesse essere necessario, potrei candidarmi anche da solo. Al momento non ci sono le condizioni. Io ho chiarito la mia posizione, ora tocca al partito e al tavolo di coalizione decidere. Faranno le loro valutazioni e io farò le mie». Decaro poi la derubrica a semplice battuta. Ma la tentazione serpeggia tra i suoi. Nello stallo, in Puglia si comincia a ragionare di piani B. Come il capogruppo al Senato Francesco Boccia, la presidente del consiglio regionale, Loredana Capone, o il vicepresidente Raffaele Piemontese. Oppure lo stesso Vendola. Ma sono gli stessi interessati a glissare. Anche perché il pressing per Decaro si intensifica.
Dalla sua ha il presidente della provincia di Foggia, Giuseppe Nobiletti. E un gruppo di dirigenti del Pd, capeggiati dal virologo e consigliere regionale Pierluigi Lopalco, che chiede al partito di prendere posizione, anche sacrificando Emiliano: «Non esiste il diritto individuale a candidarsi; esiste il diritto collettivo di un partito a scegliere il candidato migliore per vincere e governare. La segreteria nazionale intervenga. Una decisione va presa. Ora». Decaro sa che Giuseppe Conte potrebbe sollevare obiezioni per la presenza nelle liste di Vendola ed Emiliano. Entrambi invisi soprattutto alla sua base di Taranto. Dove il presidente di Sinistra italiana è ancora associato all’inchiesta “Ambiente svenduto” sull’inquinamento dell’ex Ilva: la condanna è stata annullata, molte accuse sono cadute ma il processo è ancora in piedi. Emiliano, invece, è contestato dai pentastellati a Taranto anche per la sua decisione di firmare l’autorizzazione integrata ambientale per l’acciaieria proposta dal governo. «Le figure di Emiliano e di Vendola ci riportano al passato», sintetizza la leader cittadina Annagrazia Angolano.
