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Yermak, da braccio destro di Zelensky ad “Ali Babà” nelle carte. La parabola del falco di Kiev

Una battuta che andava molto forte nell’alta società ucraina fino a qualche giorno fa: “La mossa migliore per un investitore straniero? Andare a Kiev da Zelensky per farsi presentare Yermak”. Dice più o meno tutto: lo spropositato potere accumulato in cinque anni dal capo dell’Ufficio del presidente, mai eletto ma nominato; il rapporto simbiotico tra i due, cominciato nel 2011 quando uno era un brillante comico in ascesa e l’altro un avvocato specializzato in diritti d’autore e proprietà intellettuale; una certa dimestichezza a trattare con affari e denaro proveniente dall’estero. Questo era Andriy Yermak prima di essere Alì Babà, come oggi lo chiamano gli investigatori dell’Ufficio anticorruzione (Nabu) che gli hanno perquisito la casa nell’ambito dell’inchiesta sulle tangenti nel settore energetico, lo scandalo che lo ha appena costretto alle dimissioni.

Cinquantatré anni, nato a Kiev quando l’Ucraina era una repubblica dell’Unione Sovietica, Yermak conosce Zelensky fornendo consulenze legali alla Kvartal 95, la società che produceva gli spettacoli e le serie tv di Zelensky-comico prima della discesa in campo e della vittoria di Zelensky-presidente. Anche Yermak è un produttore ma la carriera nel cinema viene messa da parte perché Zelensky, da Capo dello Stato, lo vuole accanto a sé per una missione speciale: negoziare con la Russia lo scambio dei soldati imprigionati nel Donbass durante il conflitto del 2014.

Yermak, pur privo di qualsiasi esperienza diplomatica, se la cava. Ne riporta a casa 35. E l’immagine del corpulento Andriy, alto più di un metro e novanta, che scende le scalette dell’aereo appena tornato da Mosca e soffoca nell’abbraccio il minuto Zelensky (siamo nel settembre 2019) entra nelle case degli ucraini.

E’ chiaro a tutti che l’uno si fida dell’altro. E che l’altro custodisce i segreti dell’uno.

L’anno dopo, Zelensky lo mette all’Ufficio del presidente. Incarico cruciale, amministrativo, di raccordo istituzionale e di sintesi. Mai, nella storia dell’Ucraina indipendente, chi ha occupato quella poltrona racimolerà così tanto potere come Yermak, il riconosciuto e riconoscibile Numero 2.

Sfruttando la fiducia totale accordatagli da Zelensky, e il successo elettorale che consente a Servitore del Popolo di essere partito-maggioranza (alle parlamentari del 2019 ha conquistato 254 seggi su 450), Yermak influenza e condiziona il parlamento, il governo, le nomine delle aziende di Stato, le forze dell’ordine e persino la diplomazia internazionale, relegando a poco più che comparsa il ministro degli Esteri. Con l’invasione su larga scala della Russia, il 24 febbraio 2022, il rapporto si stringe ancora di più. Sono insieme quando, quella mattina, all’alba delle prime bombe, Zelensky decide di rimanere a Kiev, declinando l’offerta di scappare via elicottero giuntagli dal presidente Biden, con una frase perfetta per la Storia e le magliette degli ucraini: “Non ci serve un passaggio, ci servono armi”; sono insieme quando col telefonino girano un video davanti al palazzo presidenziale per smentire le voci della fuga, messe in circolo dalla propaganda russa; sono insieme nelle notti passate nei bunker, nelle prime ore della guerra, a bere vino per allentare lo stress, come racconta il giornalista americano Simon Shuster nel suo libro “The Showman”.

Yermak segue il presidente nei tour in Occidente per chiedere armi e aiuti, è sempre lì, nella delegazione, cinque passi più indietro rispetto al leader, ma comunque presente. “Come gemelli siamesi”, li definiscono gli analisti politici. Yermak è il tasto preferito sul telecomando di Zelensky. Fa quello che il leader gli dice anche quando non è d’accordo, rilascia interviste che rimangono sempre accuratamente nell’alveo della linea ufficiale. E’ la comfort-zone psicologica e politica del presidente Ucraino. “Yermak è un manager potente, lo rispetto per i suoi risultati”, afferma Zelensky in più di un’occasione.

Sempre più ingombrante quindi sempre più temuto e criticato, sia in patria che all’estero. Solo il 17.5 per cento degli ucraini, secondo un sondaggio dello scorso marzo, dichiara di fidarsi di Yermak, il 67 per cento non si fida affatto. Un sentimento diffuso anche all’interno di Servitore del Popolo per la sua ben nota caratteristica di licenziare o di allontanare chiunque, nel governo, nell’amministrazione o nel partito, acquisti troppa notorietà e indipendenza. Chiedere a Zaluzhny.

“Far dimettere Yermak è stata l’unica scelta possibile per Zelensky”, afferma Mykyta Poturaiev, un deputato di maggioranza. “Il punto, adesso, non è chi sostituirà Yermak, ma come smantellare il sistema di potere che ha costruito attorno a sé. Un santo, messo al centro di quel sistema, diventerebbe un diavolo in meno di due mesi”.

Alcuni degli otto indagati dell’inchiesta sulla corruzione sono amici di Yermak, persone con cui ha un legame politico stretto. Una fonte inquirente rivela al che una delle quattro ville di lusso in costruzione poco fuori Kiev con i soldi della corruzione (si parla, in tutto, di almeno 100 milioni di dollari sottratti all’agenzia nazionale dell’energia atomica) sia destinata a lui.

Andriy Yermak-Alì Babà, il fu secondo uomo più potente dell’Ucraina, che quest’estate ha tentato di distruggere l’indipendenza dei due Uffici anticorruzione (Nabu e Sapo) portandoli sotto l’ombrello dell’esecutivo. Non ci è riuscito. E ora è chiaro il perché di tanta premura.